venerdì 22 luglio 2011

Gorée


Siamo state a visitare l’isola degli schiavi, ieri, in una bella giornata di sole.
La stazione marittima é affollata di bambini delle scuole , da qualche tempo la visita all’isola é considerata importante. Paghiamo il biglietto con l’aiuto di uno dei nostri amici, prendiamo come guida un conoscente di Abi, e grazie ai suoi buoni uffici saltiamo anche una parte dell’interminabile fila. La traversata é breve, circa mezz’ora, il tempo di uscire dal porto costeggiando cantieri che riparano navi con nomi italiani. Subito fuori, nel mare calmo, l’isoletta, un gruppo di casette colorate di rosso e giallo raccolte dietro la mole rotonda del carcere, i tetti rossi di tegole : sono i primi tetti di coppi che vediamo in Sénégal . Il colore dei muri dice la provenienza dei primi proprietari, i mercanti di schiavi arrivati dall’Europa. I portoghesi dipingevano le case di giallo arancio, gli olandesi di un bel rosso pompeiano. Sbarchiamo.

Nelle acque poco pulite del porticciolo sguazzano frotte di bambini, i ristorantini sul porto sono pieni di gente, clienti, venditrici di collane e di piccoli oggetti di artigianato. L’aspetto dell’isola é decisamente mediterraneo e vacanziero, dietro il porto si intravede anche una piccola spiaggia con gli ombrelloni, tutte le case hanno giardini fioriti, bouganville rosa e rossi, oleandri, che qui si chiamano Rose del Madagascar. Ci muoviamo nei vicoli verso la Maison des Esclaves, entriamo a gruppi.

Non é certo che questa costruzione affacciata sul mare verso ovest sia davvero il punto da cui partivano le navi negriere, ma il dato storico non é importante. Comunque, qui si respira il dolore di generazioni, tre secoli di deportazione degli uomini più forti, delle donne vergini e sane, dei bambini in grado di lavorare, verso le terre d’oltremare, le piantagioni di cotone degli Stati Uniti, i campi di caffé del Brasile.

Al pianterreno visitiamo le celle, anguste e soffocanti, dove venivano stipati i prigionieri, ecco la sala dove venivano pesati . ed un locale per quelli che che dovevano essere messi a ingrassare per moltiplicare il guadagno dei negrieri .Entriamo con un brivido nei bassi canili che ospitavano chi osava ribellarsi.
Sul fondo, la stretta porta che affaccia direttamente sugli scogli : qui forse c’era una passerella che portava gli schiavi direttamente nell’inferno delle stive, qui forse venivano gettati agli squali i deboli, i malati, i bambini più piccoli.Al piano superiore, qualche cimelio, catene, ceppi per polsi e caviglie, fucili per sparare a ribelli e fuggiaschi. La folla dei visitatori é silenziosa; qualcuno piange.

Suor Madeleine




Abbiamo visitato il Poste de Santé di Suor Madeleine, in centro a Dakar, un poliambulatorio pubblico, gestito egregiamente dalla suora cattolica. Al piano terra, ingressi separati per adulti e bambini, e la zona triage, per valutare le priorità di accesso alle cure. Al piano superiore un lungo corridoio/sala di attesa, gli ambulatori e il laboratorio analisi. Qui lavorano solo donne, incontriamo una signora in abito tradizionale, medico di medicina generale che segue anche le gravidanze, una giovane tirocinante francese , due infermiere e la suora, che é pediatra.
Suor Madeleine ci racconta il lavoro quotidiano con la semplicità e la franchezza di chi ha molto da fare : 150-200 bambini visitati in un giorno, cure gratuite ed efficaci per le malattie più diffuse.
Durante luglio e agosto, mesi centrali del piovoso hivernage, le risorse maggiori sono assorbite dalla malaria,che quiviene curata con i derivati dell’Artemisia. Seguono diarree ed elmintiasi, c’é qualche caso di bilharziosi che colpisce soprattutto nel Nord del Paese, sono diffuse le malattie respiratorie.
Una parte importante del lavoro é dedicato alle vaccinazioni : nel primo anno di vita il primo ciclo vaccinale é gratuito, e prevede la protezione contro Tubercolosi con il BCG, la vaccinazione pentavalente contro Difterite-tetano-pertosse, Epatite B ed EmofiloB, e a parte Polio inattivato e febbre gialla. A nove mesi si effettua la somministrazione del vaccino anti morbillo. I richiami successivi al ciclo di base non sono gratuiti, ma a carico dei genitori. Sempre a pagamento si puo’ richiedere il vaccino meningococcico quadrivalente.
Visitiamo il laboratorio analisi, due donne sono al lavoro , strisciano vetrini, li leggono al microscopio.Alla parete l’elenco dei parametri che é possibile misurare:c’é tutto il necessario per le diagnosi più comuni, esempio importante di come si possa lavorare bene con mezzi ridotti all’essenziale.

Qui si seguono anche le mamme in gravidanza, c'è un reparto ecografia. Per il parto pero' le donne devono rivolgersi all'Ospedale, dove spesso sono ricoverate fino a tre donne per un solo letto, e dove le dimissioni precoci sono una regola, anche quando sarebbe necessario trattenere le puerpere e i neonati più a lungo. Ci sono a Dakar tre reparti di Patologia Neonatale che possono accogliere i nati da parti a rischio.

Una particolare attenzione é dedicata alla cura della malnutrizione - dice suor Madeleine- perché questo flagello, che colpisce tanti bambini dopo i primi sei mesi di allattamento al seno esclusivo, riconosce due cause principali, la povertà, come non é difficile capire, e l’ignoranza delle madri che nello svezzamento seguono spesso credenze popolari del tutto infondate, come per esempio il timore che la somministrazione dell’uovo ritardi l’evoluzione del linguaggio, o che il pesce provochi diarrea. Il centro ha un efficacissimo ambulatorio dedicato , una sala spaziosa con alle pareti, come in tutti gli ambulatri pediatrici del mondo, i cartelloni riassuntivi con i semplici diagrammi per calcolare il deficit nutrizionale e le ricette per preparare i rimedi.
C’é il reparto dove vengono ricoverati con le madri i casi più gravi, ed un attento day_hospital per la somministrazione guidata del pasto ai meno gravi. Vediamo nell’ampia sala le mamme che vengono responsabilizzate sia nella preparazione delle razioni, basate su prodotti facilmente reperibili in zona come arachidi, pesce e cereali, sia nella somministrazione attenta ai bambini che spesso soffrono di grave inappetenza. Il lavoro educativo costituisce uno dei pilastri della guarigione, perché- dice la suora- alle madri viene spiegato che il loro bambino una volta guarito al centro non deve tornare più.
Lasciamo suor Madeleine ai suoi pazienti. Rimane il desiderio di tornare, di poter lavorare con lei , che ha senz’altro molto da insegnare a tutti noi.

mercoledì 20 luglio 2011

African Gigolo


A casa di Abi al mattino é tutto un via vai di amici che vengono in visita, i saluti interminabili si intrecciano all’offerta dei succhi e dell’acqua ; tutti si fermano pero’ per salutare con maggior deferenza l’ultimo arrivato, un ospite certo importante. 

E’ un uomo forse sui quarant’anni, avvolto in un ricco sabador di stoffa azzurra, con pantaloni bianchi infilati negli stivaletti di pelle nera, un voluminoso turbante scuro che, ci dicono, copre rasta lunghi fino alle spalle. L’uomo ha occhiali da sole, ed é carico di amuleti e gioielli di legno, collane, un orologio,  al dito un  grosso anello di legno a sigillo con impressi caratteri arabi. Ci porge una mano forte e sudata, é accaldato, ed esala un denso dolce profumo che ricorda il patchouly. Si siede in salotto, conversa amabilmente in woloff con le donne della casa, ovviamente noi  non capiamo nulla, ma ci sembra indelicato interrompere. 

Dopo dieci minuti l’ospite se ne va e  le sorelle di Abi ci danno qualche particolare in più : é un uomo  che non ha famiglia, si dedica alle  poche donne ricche che  nell’anonimato della città, a Dakar possono permettersi  di vivere da sole. Pare che il nostro ospite sia un famoso gigolo’, molto ricercato per  la prestanza fisica che non abbiamo potuto fare ameno di notare, e per doti erotiche nascoste che possiamo solo indovinare !!

Il Gran Magal e la bambina veggente




Usciamo di sera, al richiamo del muezzin che qui si chiama Nod, per andare a pregare con Abi alla moschea. Indossiamo gonne lunghe ed il velo. Sappiamo che qui sono molto esigenti , soprattutto con noi due infedeli che siamo bianche, bene individuabili: sicuramente tutti sanno che non facciamo le abluzioni secondo il rito !
Nelle strade coperte di sabbia e sulla spianata intorno alla moschea c’é veramente tanta folla, bancarelle che vendono di tutto, frutta, abiti, giocattoli. I fedeli sono tantissimi, ci mettiamo in coda davanti alla porta, togliamo le scarpe, e siamo subito intruppate in gruppi dai sorveglianti, ragazzi giovani dall’aria truce, in calzini bianchi e magliette immacolate da cui spuntano bicipiti nerissimi e minacciosi .Ci teniamo vicine, abbiamo una gran paura di essere separate da Abi che é il nostro solo lasciapassare.

Entriamo nella sala di preghiera, uno stretto corridoio che gira intorno al mausoleo del santo, un grande sarcofago nero coperto di iscrizioni in arabo; aspettiamo che Abi abbia pregato.
Credo che anche per noi sarebbe opportuno pregare : lancio uno sguardo alle spalle robuste dei nostri guardiani, poi provo a pensare ad una richiesta da fare al Santo. E se chiedessi una società più giusta per le donne ? Non so se una preghiera simile abbia qualche possibilità di essere esaudita !

Usciamo trascinate dalla folla nel cortile della moschea, Abi mi chiama verso una gruppo di persone radunate intorno alla piccola luce di una torcia da campeggio, c’é una bambina, mi dice, che ha delle cose da dirmi, una benedizione da dare. Mi avvicino: seduta al centro di un telo bianco c’é una piccina, età apparente non più di diciotto mesi, focomelica , le manine e i piedini malformati spuntano da corti arti attaccati al tronco. Sono confusa ma ricordo che anche nel nostro Meridione la malformazione é un segno di Dio; tendo una moneta, altre manine malformate la afferrano . Dietro la piccolina, altri due bambini un po’ più grandi, forse quattro e sei anni, con la stessa focomelia, le fanno da assistenti, insieme ad una donna adulta sana che é con loro.
Ci allontaniamo, credo con una benedizione : non ho ben capito se i piccolini siano tutti fratelli con un problema ereditario, o se qualcuno li abbia cercati e messi insieme per far la questua al Gran Magal. Ricordo gli storpi alla festa del Redentore, Grazia Deledda, Canne al vento, il Sud, la Sardegna arcaica non sono lontani dall’Africa superstiziosa e animista, l’Islam viene forse dopo !

Arrivi



I fari della nostra auto illuminano la spianata di sabbia : ecco la porta che si apre sul cortile centrale della casa, accanto alla capanna di paglia che accoglie il bestiame.Non ci sono luci, ma c’é luna piena, appena velata dai vapori dell’hivernage.

Abi manca da qui da otto anni, tutti l’aspettano con ansia, la casa é piena di gente riunita qui per la festa, ma soprattutto per incontrare la sorella, la figlia, l’amica, dopo tanto tempo. Vediamo uscire una donna magra con l’abito tradizionale,si abbracciano, é la mamma. Lasciamo passare il momento di commozione, sempre uguale a tutte le latitudini. Chi parte si allontana, vive, dimentica o meglio accantona i ricordi per non farsi troppo male ; quando il viaggiatore ri torna, impossibile non fare amari confronti. Chi resta é invecchiato, dimagrito, forse per malattie che in Africa é difficile tenere a bada, la casa appare più piccola e umile. E’ cosi’ per tutti …

Tutto passa presto con l’arrivo dei bambini , comincia la conta impossibile delle paternità e delle parentele , ancora più complicata nel focolare poligamo Questo adolescente é figlio di Babacar, fratello da parte di padre e madre di Abi, queste due ragazzine sono le figlie di Awa, la sorella giovane,, una terza ragazzina non é parente, ma é stata donata alla madre di Abi perché potesse allevarla, vive serena qui con le altre. Arrivano le mamme giovani, Adama, e un’altra donna che é solo un’amica , camminano un po’ curve ma disinvolte, da sotto le ascelle spuntano i piedini dei loro bambini, legati sul dorso. Il figlio di Adama ha forse due anni ,la mamma é la più giovane del gruppo, insieme, ad Awa si occupa di tutto, lavora incessantemente col bimbo che segue tutti i suoi movimenti, nella casa è un continuo rincorrersi di richiami »Adama fai questo, fai quello », come la Cenerentola delle fiabe. Awa invece oggi si dedica a servire gli uomini riuniti tutti insieme in una stanza, va vanti e indietro con la brocca dell’acqua .

E’ notte, ma nessuno ha fretta di dormire, girano grandi piatti diriso e carne, i nostri manghi lavarti e sbucciati. Ci mostrano la nostra stanza,la più bella della casa, gli altri ospiti hanno disposto giacigli di fortuna un po’ dappertutto. Andiamo a letto lasciando Abi, la mamma e le sorelle che chiacchierano fitto sdraiate sul materasso in cortile.

Darou Mousty




Da qualche giorno non aggiorniamo il blog perchè siamo state due giorni a Darou Mousty, a casa di Abi, per la festa del Grand Magal. In questi giorni tutta la comunità ricorda il santo Cheik Mam Thierno Birame Mbacke, santo protettore di Darou Mousty, e fratello da parte di padre del guru del Mouridisme , Cheik Amadou Bamba, il primo fondatore della confraternita che ora tiene il suo culto presso la grande moschea di Touba.
Siamo partite da Dakar nel pomeriggio : orario previsto per la partenza le 16.00, orario effettivo circa le 20.00, meridiano africano. Cause del ritardo nell’ordine :
  • · Dobbiamo dividere i nostri bagagli , lasciando in albergo quello che non ci serve. Per fare questo occorrono delle capienti borse, dato che nonostante tutto le numerose valige di Abi sono tutte piene. La zia di Abi, una donna forte e volitiva che viaggerà con noi, deve andare a comprarle al negozio. Aspettiamo la zia.
  • · Arriva l’autista con la macchina, e ci rendiamo conto che lo spazio per i bagagli é poco. L’autista, che fa il meccanico di professione, é tutto unto ed ha i vestiti coperti di grasso. Ci chiede di poter andare a casa a farsi una doccia prima di partire. Come non essere d’accordo ?
  • · La zia di Abi comunica che tarderà perché deve fare la manicure per la festa. Come non essere d’accordo ?
  • · I nostri amici intanto, seduti con noi ad aspettare, guardano con occhio critico le valige. Ripensiamo il viaggio, e disfiamo di nuovo i bagagli. Arrivano le borse, ed anche la zia. Lasciamo le valige in camera, prendiamo solo due zaini e la scatola del pesce fresco da portare alla mamma di Abi. Finalmente si parte.
La strada che ci porta fuori Dakar é congestionata da un traffico indescrivibile, forse molti vengono al Gran Magal. I Car Rapide, i furgoncini del trasporto pubblico che viaggiano sempre con la gente attaccata alle porte, sono carichi fino al tetto, agli incroci i vigili faticano a fare strada. Ai bordi della strada nonostante il buio le bancarelle di frutta , noccioline, chincaglieria fanno affari d’oro, qui nessuno sembra avere fretta di andare a dormire nelle soffocanti stanze affollate delle case che intravediamo dall’auto .
Dopo un interminabile slalom nel traffico, alla fine usciamo da Dakar. La strada attraversa villaggi e borgate, una si chiama Put, ed é nota per le coltivazioni di mango. In effetti appena rallentiamo siamo circondati da donne chi si precipitano ad offrirci bacili colmi di frutta. Acquistiamo una grande busta di manghi per pochi centesimi, prendiamo anche banane, Abi compra le arachidi da sgranocchiare.
Dopo Thies, che é una cittadina pulita e ricca di verde, la strada attraversa la brousse, la savana locale punteggiata dalle sagome a bottiglia dei grossi baobab, e da altri alberi più eleganti, forse tamariniérs. Arriviamo a Darou Mousty a notte fonda, abbiamo percorso 150 km in circa 4 ore.

sabato 16 luglio 2011

Venti che cambiano

Qui la politica non é molto lontana dalla nostra.

Dopo un decennio al governo, sembra che cresca il malcontento popolare contro la presidenza di Abdoulaye Wade, un 80enne ancora in poltrona e presto in campo per un terzo mandato che sarebbe incostituzionale. L’ondata di privatizzazioni dell’acqua, della scuola sta rendendo la vita più difficile e cara. L’elettricità continua ad avere black-out a causa della nazionalizzata Senelec, che fornisce energia elettrica a singhiozzo creando un deciso crollo delle attività economiche.

Alla crisi energetica si accosta quella politica. Wade ha modificato la Costituzione più di una volta senza consultare le camere. Ancora di recente ha cercato di farlo: nel mese scorso, ha fatto un progetto di riforma che mirava a modificare la legge elettorale instaurando un « ticket presidenziale » per fare eleggere allo stesso tempo il presidente e il vicepresidente con una « maggioranza » che anziché essere del 50,1% veniva abbassata al 25% dei voti !! Questo progetto di riforma é stato mandato immediatamente alle camere con la fretta di farlo avallare prima delle elezioni del 2012 ma la popolazione si é fatta sentire : qui ormai la data passata alla storia è il 23 giugno 2011, giorno di violenti scontri di piazza in cui l’opposizione e i giovani hanno alzato la voce per far ritirare il progetto di legge. E ce l’hanno fatta. Dicono che questa data rappresenti una svolta per il popolo senegalese, abituato a rimanere un po’ nel torpore e non far sentire la propria voce…qualcosa ricorda la nostra Italia, le amministrative e i referendum, il vento che cambia.

Ieri in un discorso alla nazione, il presidente Wade ha annunciato elezioni anticipate per « aumentare la coesione sociale » assicurando i suoi seguaci che vincerà. Staremo a vedere se anche qui il vento sta per cambiare davvero.

Siamo state in discoteca

Ieri sera, accompagnate da i nostri amici Pap e Binette  che non ci lasciano mai uscire da sole siamo andate in discoteca per ascoltare un cantante che ha molto successo qui, Pap Diouff.

Siamo partite molto tardi ( aggiungo che in Italia non vado in discoteca da anni, so che anche da noi non si balla prima dell’una). Ieri noi siamo arrivate intorno alle due nel locale piccolo e discreto, con le luci colorate sulla pista, i musicisti che provavano. Per almeno un’ora nessuno dei ragazzi in sala ha accennato a ballare, tutti si sono mossi solo all’arrivo del cantante. La musica ora di moda qui si chiama, se ho ben capito, Usa o Yusa,  e mescola le percussioni tradizionali ( djembè, il tamburo conico da terra, e il tama, il tamburello che si tiene sotto l’ascella) con un basso elettrico e qualche accordo di tastiera. Il canto é abbastanza particolare, con lunghe note tenute , si fa fatica a seguire il ritmo con la danza. Non è solo una difficoltà di noi toubab, credo, mi è sembrato che  anche i ragazzi del posto si muovano a fatica, anche se poi tutti si ritrovano nel gesto delle mani alzate una per volta. Ma forse sono solo i commenti di una toubab  non più giovane abituata ai  ritmi più familiari  dei favolosi ’60, al reggae e al soul, roba da museo qui (e non solo, temo).

In sala molta eleganza, le ragazze sono sempre curatissime, la loro sensualità é esaltata dagli abiti stretti e da gioielli vistosi, dal trucco brillante, dalle manicure perfette. Nonostante siano tutte molto religiose, c’è universale tolleranza, almeno qui a Dakar, per un abbigliamento disinvolto, occidentale o tradizionale.